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Author: mario valenti

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO
Dipartimento di Bioscienze
Corso di Laurea Magistrale in Biodiversità ed Evoluzione
Biologica

Analisi morfologica ed ultrastrutturale
degli effetti di tre diverse nanoparticelle di
carbonio su Daphnia magna

Relatore:

Dott. Paolo Tremolada

Correlatori:

Dott. Renato Bacchetta
Dott.ssa Nadia Santo

Tesi di Laurea di Irene Valenti
Matricola n° 860349

Anno Accademico 2015-2016

Sommario
1.

INTRODUZIONE ................................................................................................................................... 4
1.1

L’ECOTOSSICOLOGIA .................................................................................................................. 4

1.1.1

MISURA DEL DANNO ............................................................................................................ 5

1.1.2

TOSSICITA’ ACUTA E CRONICA.......................................................................................... 7

1.2

DALL’ECOTOSSICOLOGIA ALLA NANOTOSSICOLOGIA ...................................................... 8

1.3

NANOPARTICELLE DI CARBONIO ........................................................................................... 12

1.4

Daphnia magna COME MODELLO .............................................................................................. 16

1.4.1

CARATTERISTICHE ANATOMICHE .................................................................................. 17

1.4.2

CICLO VITALE E RIPRODUTTIVO .................................................................................... 20

1.4.3

Daphnia magna NEI SAGGI TOSSICOLOGICI.................................................................... 22

1.5

EFFETTI DEI CNM SU Daphnia magna ....................................................................................... 23

2.

SCOPO della TESI ................................................................................................................................ 26

3.

MATERIALI E METODI ..................................................................................................................... 27

4.

3.1

ALLEVAMENTO Daphnia magna ................................................................................................. 27

3.2

CARATTERIZZAZIONE NANOPARTICELLE ............................................................................ 30

3.3

ALLESTIMENTO DEL SAGGIO ACUTO .................................................................................... 31

3.4

FISSAZIONE DEI CAMPIONI ...................................................................................................... 37

3.5

INCLUSIONE IN RESINA EPOSSIDICA PER LE ANALISI AL TEM ....................................... 38

3.6

TAGLIO ALL’ULTRAMICROTOMO ........................................................................................... 39

3.7

OSSERVAZIONE ED ACQUISIZIONE......................................................................................... 40

3.8

MICROSCOPIO ELETTRONICO A TRASMISSIONE ................................................................ 40

3.9

MICROSCOPIO ELETTRONICO A SCANSIONE....................................................................... 42

RISULTATI ............................................................................................................................................ 46
4.1

CARATTERIZZAZIONE NANOPARTICELLE DI CARBONIO ................................................. 46

4.2

RISULTATI SAGGIO DI TOSSICITA’ ACUTA ............................................................................ 53

4.2.1

RISULTATI SAGGIO DI TOSSICITA’ ACUTA CON NANOPOLVERI DI CARBONIO ... 53

4.2.2

RISULTATI SAGGIO ACUTO CON NANOCUBI DI CARBONIO ..................................... 56

4.2.3

RISULTATI SAGGIO ACUTO CON CNT ............................................................................. 59

4.3

OSSERVAZIONE ALLO STEREOMICROSCOPIO ..................................................................... 62

4.4

ANALISI ISTOLOGICA AL MICROSCOPIO OTTICO ............................................................... 64

4.5

ANALISI AL MICROSCOPIO ELETTRONICO A SCANSIONE ................................................ 73
1

4.6

ANALISI ULTRASTRUTTURALE AL MICROSCOPIO ELETTRONICO A TRASMISSIONE 83

4.6.1

INTESTINO ............................................................................................................................ 83

4.6.2

EPITELIO DEGLI EPIPODITI............................................................................................. 101

5.

DISCUSSIONE ..................................................................................................................................... 113

6.

CONCLUSIONI .................................................................................................................................. 122

7.

BIBLIOGRAFIA ................................................................................................................................. 124

2

RIASSUNTO
I nanomateriali di carbonio (CNM) offrono grandi opportunità tecniche e commerciali, ma possono
comportare anche rischi per l'ambiente e per la salute degli animali e dell'uomo ancora non ben caratterizzati.
Lo scopo di questo lavoro è stato quello di valutare gli effetti di un’esposizione acuta a nanoparticelle (NP)
di carbonio sull’organismo Daphnia magna mediante tecniche di microscopia ottica ed elettronica, che
hanno consentito di visualizzare sia le singole NP sia gli effetti della loro interazione con i tessuti
dell’organismo. I dafnidi sono stati esposti a tre diverse NP: nanopolveri di carbonio (Carbon NanoPowder,
CNP), nanotubi di carbonio a parete multipla (Multi-Walled Carbon NanoTubes, MWCNT) e nanocubi di
carbonio (Carbon NanoCubes (CNC) a concentrazioni comprese tra 1 e 50 mg/L. Considerando come endpoint l’immobilità e la mortalità dei dafnidi alle 48h, i test eseguiti hanno evidenziato una bassa tossicità
acuta (EC50 >50 mg/L) da parte di tutte e tre le NP, con il seguente ordine di tossicità: CNC ≥ CNP >
MWNT. Le analisi microscopiche si sono concentrate soprattutto sull’intestino, poiché rappresenta la via
principale di assorbimento, e sull’epitelio degli epipoditi quale altra possibile via di ingresso delle NP.
L’effetto più evidente, osservabile già tramite le analisi allo stereomicroscopio, è stato l’accumulo di NP nel
tratto intestinale di D. magna a partire dalle concentrazioni più basse. L’ingombro e l’elevata compattezza
della massa di NP nel lume intestinale sono comuni ai tre CNM e sono stati confermati anche dalle analisi in
microscopia ottica ed elettronica. Le osservazioni al microscopio elettronico a scansione hanno permesso di
visualizzare l’ammasso di NP all’interno del lume intestinale, facendo ipotizzare un meccanismo fisico di
pressione nei confronti dell’epitelio, che si trova quindi esposto a un effetto di “abrasione” con conseguente
danno meccanico. Mediante il microscopio elettronico a trasmissione invece è stata osservata la presenza di
CNP e MWCNT all’interno degli enterociti e nell’epitelio degli epipoditi, dimostrando la possibilità di
internalizzazione di queste NP rispetto ai CNC, che comunque non sono mai stati osservati all’interno delle
cellule. L’effetto dei tre CNM sull’ultrastruttura cellulare tuttavia è risultato sostanzialmente simile e
composto da: i) assottigliamento cellulare; ii) perdita di integrità strutturale; iii) dilatazione degli spazi
paracellulari e basali; iv) rarefazione della matrice cellulare con presenza di grossi vacuoli (corpi lamellari e
vacuoli di autofagia). Tutti questi eventi sembrano essere un sintomo di degenerazione cellulare che riguarda
non solo l’apparato digerente, ma anche altri tessuti, avendo come conseguenza l’immobilizzazione e morte
degli individui. Gli effetti osservati potrebbero essere dovuti sia all’internalizzazione di NP sia ad un’azione
meccanica esercitata dai CNM a livello del lume intestinale e della cellula. Questa seconda ipotesi appare più
plausibile poiché gli individui trattati con CNC, pur non mostrando internalizzazione, hanno evidenziato gli
effetti cellulari più intensi. I danni dovuti ai tre CNM sarebbero quindi la conseguenza del loro accumulo nel
lume intestinale, con la rottura della membrana peritrofica, che perde la sua funzione di protezione delle
cellule epiteliali, e il contatto con il tappeto di microvilli, che può essere più o meno distruttivo a seconda
della forma della NP. Nei casi più gravi, è stata osservata la completa distruzione dei microvilli e la
degenerazione dell’epitelio intestinale. Anche gli epiteli degli epipoditi hanno mostrato quadri morfologici
alterati, paragonabili a quelli osservati negli enterociti, confermandosi quali possibili vie di uptake di CNM
dispersi nell’ambiente.
3

1.

INTRODUZIONE

1.1 L’ECOTOSSICOLOGIA
Il termine tossicità può essere definito come la compromissione di una o più funzioni
(sopravvivenza, crescita, motilità, riproduzione, fotosintesi ecc.) di un dato sistema biologico,
esposto ad una determinata sostanza. Prima che l’effetto tossico si manifesti, la sostanza, od un suo
metabolita, deve raggiungere il sito attivo ad una dose (o concentrazione) e per un tempo ben
determinati. Per dose efficace si intende quella quantità di composto, riferita alla massa corporea,
alla quale si manifesta il danno (Vighi e Bacci, 1998). Gli effetti tossicologici ed ecologici degli
inquinanti chimici, nei riguardi di popolazioni, comunità ed ecosistemi vengono integrati nello
studio dell’ecotossicologia (Forbes and Forbes, 1994). René Truhaut, nel 1969, fu il primo a coniare
il termine “ecotossicologia”, per indicare quella branca della tossicologia, che si occupa dello studio
degli effetti tossici, causati da “inquinanti” chimici o fisici, sui costituenti degli ecosistemi, animali
(inclusi gli umani), vegetali e microbi, in un contesto integrale (Kanru et al., 2010).
L’ecotossicologia è una disciplina che integra i campi di indagine della chimica ambientale, della
tossicologia e dell’ecologia. La prima per studiare il movimento il trasporto e le trasformazioni
delle sostanze chimiche nell’ambiente, con approcci finalizzati ad avere una visione di sistema. La
tossicologia ambientale, invece fornisce gli strumenti per la valutazione del danno non solo a livello
di singoli organismi e di specie, ma anche su sistemi biologici più complessi come popolazioni e
comunità. Infine l’ecologia permette di definire i diversi processi che caratterizzano i sistemi e le
relazioni che intercorrono tra gli organismi.
Lo scopo della sperimentazione tossicologica è quello di definire le quantità massime di sostanze
potenzialmente pericolose, che possono essere accettate da un sistema biologico, al fine di garantire
un’adeguata difesa del bersaglio che si intende proteggere. Questo bersaglio, nel caso della
tossicologia classica, è rappresentato dall’uomo. L’ecotossicologia deve affrontare problemi di
natura sostanzialmente diversa; il bersaglio da proteggere non è costituito da un’unica specie, ma
dagli ecosistemi naturali o, più in generale, dalla biosfera nel suo complesso. L’esplicarsi
dell’effetto tossico di una sostanza chimica potenzialmente pericolosa è funzione di diversi fattori,
che dipendono dalle caratteristiche della sostanza in esame, dalle caratteristiche del sistema
biologico esposto, sia a livello di individuo che a livello superiore di organizzazione (popolazione,
comunità, ecosistema), nonché da fattori ambientali che possono alterare l’attività della sostanza
(Vighi e Bacci, 1998). Gli eventuali effetti tossicologici, vengono valutati in laboratorio attraverso
saggi biologici e test di tossicità su organismi rappresentativi di interi livelli trofici. Questi devono
4

essere anche particolarmente sensibili agli inquinanti e quindi protettivi per un numero elevato di
specie. Individui appartenenti ad una specie modello, vengono esposti, in condizioni controllate, a
campioni di matrice naturale contaminata (acqua, reflui, sedimento, suolo, ecc.) o a soluzioni di
sostanze tossiche note. A seconda della tipologia dell’organismo e delle condizioni sperimentali, gli
effetti possono essere letali o sub letali in funzione dell'end-point considerato (ad es. mortalità,
alterazione di funzioni fisiologiche essenziali quali fecondazione, schiusa delle uova,
bioluminescenza, crescita, motilità, ecc.). I saggi di tossicità con animali acquatici vengono
effettuati per valutare se un dato composto, una miscela di composti o un campione d’acqua di
scarico siano tossici e, in caso positivo, per definire il grado di tossicità o i valori di diluizione
compatibili con la vita acquatica. Molteplici studi hanno ormai fornito evidenza sperimentale al
fatto che il solo approccio chimico-analitico non fornisce gli strumenti sufficienti per definire il
rischio ambientale associato ad una miscela di inquinanti. Il ricorso a saggi ecotossicologici
consente di valutare da un lato la frazione biodisponibile degli inquinanti, dall’altro eventuali
fenomeni di sinergia e/o antagonismo tra sostanze diverse (APAT 2006).
1.1.1 MISURA DEL DANNO
Il contatto e l’assorbimento di un contaminante producono l’esposizione che può essere continua o
discontinua, e di intensità costante oppure variabile. L’esposizione e la dose assunta sono
generalmente direttamente proporzionali. La misura della risposta biologica (o danno) può avvenire
solo dopo l’identificazione dell’effetto dovuto all’esposizione all’agente tossico. Spesso accade che
ci si riferisca, erroneamente, all’effetto come alla quantificazione del danno (risposta) subito da un
sistema biologico. Effetto e risposta in ecotossicologia possono essere definiti in questo modo:


EFFETTO: indica il tipo di danno, inteso come compromissione di una certa funzione
biologica (es: la sopravvivenza, la motilità, la velocità di crescita);



RISPOSTA: quantificazione dell’effetto, espresso generalmente come percentuale di
incidenza in una certa popolazione.

La relazione tra la dose di una sostanza ed il manifestarsi di una risposta in un sistema biologico è
schematizzato nel grafico di Fig. 1.

5

Fig.1: Relazione tra la risposta individuale e il grado di esposizione ad un inquinante
(Ecotossicologia di Vighi e Bacci).

Di norma si può assumere che esista un livello di soglia al di sotto del quale una sostanza non
produce alcun effetto negativo. Basti pensare a sostanze naturali come alcuni metalli pesanti che
esplicano un ruolo di micronutrienti, la cui assenza potrebbe addirittura provocare fenomeni di
carenza. Superata tale soglia si entra in una fase nella quale l’organismo mette in funzione i suoi
meccanismi di difesa e di detossificazione. Finché questi meccanismi sono sufficienti a contrastare
l’azione della sostanza, si potrà verificare, per compensare l’azione tossica, un maggiore dispendio
energetico, ma non si manifesta nessun effetto negativo. Quando i meccanismi di difesa non sono
più sufficienti a compensare l’azione tossica, si verifica l’effetto tossico.
I parametri più comunemente utilizzati per quantificare la risposta in saggi ecotossicologici sono i
seguenti:


LD50: rappresenta la dose di una sostanza chimica che determina la morte del 50% degli
individui in saggi di tossicità acuta per somministrazione diretta. Viene di norma
espressa in termini ponderali per unità di peso corporeo dell’individuo (es.: mg/kg di
peso corporeo).



LC50: rappresenta la concentrazione di una sostanza che determina la morte del 50%
degli individui in saggi di tossicità acuta per esposizione ambientale. Si deve riferire al
tempo di esposizione (es.: LC50 48 ore).



EC50: rappresenta la concentrazione che produce nel 50% degli individui un effetto
6

diverso dalla morte (immobilizzazione, arresto della crescita in saggi sia acuti che
cronici). Deve essere riferita al tempo di esposizione.


LT50: rappresenta il tempo necessario a determinare la morte del 50% degli individui
esposti determinata di una sostanza.



NOEL: rappresenta il più alto livello al quale non si è manifestato alcun effetto;



LOEL: rappresenta il più basso livello al quale è stato possibile evidenziare un effetto.

È importante sottolineare che il NOEL non rappresenta il reale livello di non effetto ma solo il
livello al quale non si è osservata un’evidenza sperimentale, limitatamente ai saggi disponibili. Lo
stesso vale per il LOEL.

1.1.2

TOSSICITA’ ACUTA E CRONICA

La tossicità acuta valuta un effetto del tipo “o tutto o nulla” come può essere la morte o
l’immobilizzazione. La tossicità cronica, invece, esamina gli effetti sub letali come l’inibizione
della crescita, le alterazioni della capacità riproduttiva, le modificazioni enzimatiche e le alterazioni
del comportamento.
L’obiettivo dei test di tossicità acuta è quello di misurare l’effetto dovuto all’esposizione di sostanze
pure o miscele, la cui durata sia compresa, di norma, tra 15 minuti e 96 ore. Le misure di tossicità
ottenute vengono impiegate per la valutazione di effetti tossici che si possono verificare in seguito a
fenomeni di contaminazione eccezionali oppure sono utilizzati a scopi di classificazione del livello
di tossicità delle varie sostanze.
Nel caso della tossicità cronica l’obiettivo è il calcolo di una soglia di tossicità, ovvero di quel
livello di esposizione massimo che traccia il confine tra livelli efficaci e livelli non efficaci a tempo
indeterminato (ad es. per la durata della vita media degli organismi selezionati per il saggio). Il
concetto di soglia è propriamente applicabile solo dopo avere assunto che si è di fronte a danni
reversibili, come nel caso di alcune inibizioni enzimatiche, dove i meccanismi di riparazione del
danno possono essere efficaci al di sotto di un determinato livello di esposizione (la soglia di
tossicità, appunto). I tempi di esposizione corrispondono, per molti organismi, ad uno o più cicli
riproduttivi. La durata dei trattamenti è legata alla specie: ad esempio per Daphnia magna, 21 giorni
sono sufficienti per osservare gli effetti su più cicli riproduttivi, mentre nel caso dei pesci i saggi
devono essere di durata maggiore in modo da poterne osservare la crescita e lo sviluppo (Vighi e
Bacci,1998).
7

1.2 DALL’ECOTOSSICOLOGIA ALLA NANOTOSSICOLOGIA
Fin dall’inizio della storia della Terra, sono presenti in ambiente forme di nanoparticelle (NP)
prodotte da processi biologici e geologici, e derivanti da fonti naturali come vulcani, suoli e
sedimenti (Handy et al., 2008). La presenza di nanotubi di carbonio, di fullereni e nanocristalli di
diossido di silicio, riconducibile probabilmente a fenomeni naturali di combustione, seguiti da
processi di deposizione atmosferica, è stata ad esempio osservata in carote di ghiaccio antartico
risalenti a circa 10 000 anni fa (Murr et al., 2004). Le nanotecnologie sono invece l’insieme di
metodi e tecniche per la manipolazione della materia su scala nanometrica. I nanomateriali che, per
definizione, hanno una dimensione nel range tra 1 e 100 nm (Crane et al., 2008; Hulla et al., 2015),
sono quindi prodotti da due fonti ben distinte: le nanotecnologie, che sviluppano volontariamente
nanomateriali per molteplici usi, e diverse fonti naturali come ogni forma di combustione sia
antropica che naturale, come vulcani, incendi, esplosioni, motori a combustione, caldaie per
riscaldamento ed inceneritori (Xia et al., 2009). I nanomateriali di origine antropica prodotti
volontariamente, sono denominati engineered nanoparticles o nanomaterials, in quanto generati
tramite specifiche tecniche di sintesi col fine di utilizzarli in svariati prodotti e applicazioni. Sul
mercato, sono già reperibili oltre mille prodotti di consumo dove sono presenti nanomateriali:
cosmetici, filtri solari, prodotti per l’igiene personale o per usi domestici, integratori alimentari,
articoli sportivi. I nanomateriali sono anche contenuti in tessuti, batterie, additivi di carburanti,
supporti di catalizzatori, vernici, pigmenti, rivestimenti anticorrosione, prodotti per l’edilizia,
plastiche ad elevata efficienza ecologica, toner per stampanti, componenti per autovetture,
pneumatici e molto altro (Kahru et al., 2009; Hulla et al., 2015). Anche la ricerca biomedica è stata
condizionata dall’introduzione delle NP, dato che hanno permesso nuovi approcci terapeutici nel
trattamento di alcune patologie come i tumori (Haley et al., 2008). Nello specifico, questi
nanomateriali vengono utilizzati come vettori farmacologici (Lu et al., 2013), consentendo il
rilascio diretto dei farmaci a livello delle cellule bersaglio. I nanomateriali offrono grandi
opportunità tecniche e commerciali, ma possono comportare anche rischi per l'ambiente, per la
salute e la sicurezza dell'uomo e degli animali. L’esigenza diffusa di avere informazioni chiare ed
obiettive su questo importante problema ha quindi portato al rapido sviluppo di una nuova
disciplina, la nanotossicologia, impegnata ad estendere le conoscenze sui fenomeni che si svolgono
all’interfaccia tra nanomateriali e sistemi biologici (Elsaesser et al., 2012). Questi nanomateriali
sono entità del tutto nuove, dalle caratteristiche poco conosciute, capaci di produrre effetti biologici
talora non prevedibili, disegnati spesso per impieghi che li portano a diretto contatto con l’uomo e
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