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Storia
In genere, il termine "design" viene associato
all'età della Rivoluzione industriale, che in Italia
arrivò con un certo ritardo rispetto ad altri paesi
europei, in un contesto caratterizzato dalla
condizione geografica e politica frammentata
dell'Italia ottocentesca, un paese che alle soglie
del 1860 era agricolo. Dopo l'Unità d'Italia,
nonostante il lento consolidamento
dell'industria cotoniera e degli opifici,
soprattutto al nord, non si poteva ancora
parlare di industrializzazione del paese prima
del 1870-1880. Tuttavia, in questo periodo
iniziavano a nascere le fiere di paese e poi di
città, le esposizioni, la nascita di scuole
specialistiche e di "alfabetizzazione grafica"[1].
Per esempio, nell'Esposizione italiana del 1861
tenutasi a Firenze, viene sancito un carattere
legato ai tessuti e ai prodotti alimentari, mentre
quella di Milano del 1881 è incentrata
sull'industria meccanica e le grandi costruzioni
navali e ferroviarie; a Torino, nel 1898,
emergono le applicazioni elettriche e nel 1902
viene lanciata l'avanguardia liberty con le sue
espressioni floreali. Nell'Esposizione di Milano
del 1906 la trasformazione industriale italiana è
data dalle macchine utensili[2].

Design italiano
Con l'espressione design italiano si fa
riferimento a tutte le forme di disegno industriale
inventate e realizzate in Italia, compresa la
progettazione di interni, la progettazione urbana,
il design della moda e la progettazione
architettonica.

armchair

serie up 2000

Tra il 1922 (anno della marcia su Roma) e il 1929 l'Europa e gli Stati Uniti stavano vivendo una situazione
economica favorevole. Nel 1929 la produzione industriale registrò un incremento del 50% rispetto ai dati
del 1922[9]. In questo contesto nascono iniziative per promuovere il disegno del mobile della casa, tra le
quali la Biennale delle arti decorative promossa da Guido Marangoni del 1923 presso la Villa Reale di
Monza.
Nel 1922 nacque il movimento artistico Novecento, formatosi intorno al salotto di Margherita Sarfatti.
Questo movimento artistico riguardava principalmente la pittura, ma ben presto andò ad influenzare la
progettazione d'interni e di pezzi d'arredo. Tra gli esponenti di questa corrente troviamo gli architetti Giò
Ponti, Giovanni Muzio, Giuseppe De Finetti, Alberto Alpago Novello, i pittori Mario Sironi, Achille Funi,
Leonardo Dudreville, Anselmo Bucci, Gian Emilio Malerba, Pietro Marussing e Ubaldo Oppi e lo scrittore
Massimo Bontempelli. Nel breve romanzo di Bontempelli 522. Racconto di una giornata del 1926,
l'automobile (la Fiat 522) diventa soggetto letterario e, oltre che simbolo della nuova moderntà
industriale[10].
Ad uno degli architetti qui sopra citati, Giò Ponti, in collaborazione con Emilio Lancia, si deve il progetto di
arredi Domus Nova (1928-29) pensato per il grande magazzino La Rinascente di Milano, con l'intento mi
rinnovare l'immagine dell'arredo e dei complementi per la casa medio-borghese[11].
La III Biennale di Monza del 1927 e la IV Triennale, tenutasi anch'essa a Monza prima del trasferimento a
Milano, sanciscono il superamento dello stile rustico, facendo emergere gli architetti del Novecento quali
protagonisti del nuovo arredo.[12] Per la V Triennale di Milano venne costruito il Palazzo dell'Arte ad opera
di Giovanni Muzio.






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