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POIESI
COMPRENDERE L’OSSESSIONE
AGGIUNGERLA ALLA PLAYLIST

Mara Jvonne Raia per Tecniche Grafiche Speciali tgsbiennio es. n°3

Ora, prendi Ofelia un attimo prima di affogare.
Profondo silenzio di fiori calpestati
Ha bevuto una coca cola tutta ad un fiato
Ha iniziato a tossire,
È caduta nel fiume
Ha preso a tremare
Il pericolo le ricordava di superarsi
Tremava, ma non voleva uscire
Voleva fumare, ma evaporava
Provava a perire, senza morire.
Prendi Ofelia, la sua discrezione.
Incarnazione di anemone
Mandorlo in fiore
Un santo e un macellaio si vedono
Galleggiare nelle sue vesti
Se la vita non le avesse chiuso la bocca
Avrebbe smesso di essere lago chiuso in cisterna
Ci avrebbe risparmiato la storia
Perchè è poetico evocarla
Quanto inutile.
Prendi Ofelia, ostinazione.
Dopo la metafora la morfina: così si sedimentano i sentimenti
Rincorsi, che non diventino rimorsi
Seppellita l’anima sul letto del fiume
Un lenzuolo d’acqua le avvolge la fronte
Le naviga il cervello e depone le armi
<<Mani in alto!>> si arrende alla corrente e si declama avvinta
Una sigaretta sarebbe più efficace dei Vangeli (o di un Requiem)
ma l’acqua, come il fuoco di un fiammifero,
le incenerisce i contorni
Melassa di catrame
Trabocca d’abisso
O svetta.
Prendi Ofelia, la sua distrazione .
Dorme. Vilipendio!
E’ così che colpisce il tarlo il legno, nel sonno.
Lasciarsi perdere è libidico
come dolce è naufragare in questo male
Travolgente come la peste che dimezza le famiglie.
Ma il suo cuore non teme apocalisse
E la travolge solo la catastrofe
Posiziona le mine senza circondarsene
Poco prima di esplodere
Inasprisce le palpebre
Con gli occhi chiusi a morsi
Che non trapeli niente
nemmeno la notte.
Prendi Ofelia, profonda
Sprofonda
Si direbbe: << E’ morta per niente, vedi quanto vale?>>
Stolto costui!
E’ così che nasce un fiore del mare.
Prendi Ofelia per l’ultima volta.
Da quali peccati separarla?
Mare di Mar

PRENDI

OFELIA
Alla rara virtu’ di non esistere completamente (se non nel
momento opportuno)

Se per molti il mare è solo un rito di passaggio, un luogo di
transito o di arresto, la montagna è la casa del sopralluogo,
dentro cui addomesticarsi. La Fondazizone Sandretto Re Rebaudino di Torino ha offerto dal 14 maggio al 16 ottobre 2016
una mostra dal nome <<Passo Dopo Passo>> coordinata da
Lorenzo Baldi. L’ ho raggiunta una domenica di giugno, caldissima. Qualche settimana prima mi trovavo sulle Dolomiti,
precisamente sul lago di Carezza, insieme ad un compagno di
avventure, quando un temporale ci ha sorpresi campeggiare
nel bosco adiacente il lago, a quasi 1700 mt di altezza s.l.m.
Non avevo mai dormito così tanto in alto, all’aperto. La tenda
non ha retto la forte pioggia, giacche un po’ sgualcita, perciò ogni cosa si è bagnata; cibo, calzini, macchina fotografica, obiettivi, sigarette, tutto. Ha piovuto ininterrottamente
per ore e fortissimo. Il mio compagno era via, ha spiovuto
solo al suo ritornato. Era fradicio e nonostante tutto, mi ha

SE IN MONTAGNA

lasciato ogni indumento per scaldarmi,
perché davvero, umida come ero, gelavo.
Dopo una notte trascorsa a tremare, nella
speranza che dormire abbracciati avrebbe
soggiogato il freddo, ho capito che, quasi
senza ombra di dubbio, di avere una totale
devozione per il mare, per le spiagge, per il
sole e il caldo.
Mentre continuavo a rimuginare sul mio
blocco per la montagna e le sue freddure,
su una energia vitale non ancora spesa a
peso di vertigine, presso la Fondazizone
Sandretto, mi ritrovavo a fruire la video
installazione dell’artista islandese Ragnar
Kjartansson, The End-Rocky Mountains,
2009. L’opera di Kjartansson, avvolge lo
spettatore in toto, grazie alla maestosa
grandezza delle proiezioni che vedono
l’artista e il suo collaboratore David Por
Jonsson performare sulle alture delle
montagne canadesi (le Rocky Mountains
per l’appunto) da cui l’opera prende il
nome. Su ognuno dei cinque canali video
i due artisti suonano strumenti musicali
differenti. Il tutto confluisce in un concerto country dalla durata di trenta
Perchéimprovsamente la montagna mi piaceva?

sbiancano, fino a raggiungere un candore che
non le lascia distingue più dallo sfondo, bianco.
Sebbene il soggetto principale di ambedue i lavori fosse la montagna, diveniva evidente il diverso modo di scrutarla, trattarla, concepirla.
Se Kjartansson la indaga offrendole un concerto
in prima persona e restituendocela nella maniera più reale possibile, ( salvo per la temperatura
della stanza che a mio avviso poteva rispettare la
stessa del luogo ritratto nel video), De Giorgis
la esperisce mantenendone le distanze. Sebbene
la fruizione di quest’ultima non sia totalizzante come nel caso di The End-Rocky Mountains,
in Peak, che si compie senza troppe pretese dal
punto di vista tecnico, emerge un minimalismo
austero proteso a delineare un picco, uno spigolo
che nelle ultime foto non si distingue più dallo
sfondo, come a confarsi a certi aneddoti di alpinisti che dopo giorni trascorsi sulle montagne
innevate e a contatto con un perpetuo biancore,
non riescono più a distinguere i colori. Questi lavori hanno aperto un flusso proteso a esacerbare
le mie riflessioni in merito alla montagna, declinando la propensione di chi le si avvicina mosso
da un “vivere gagliardo spartano”, dicendola con
Thoreau.

Esplicito un interrogativo e ne trovo risposta in I Buddenbrook.
Decadenza di una famiglia, di Thomas Mann.
Quali sono gli uomini che preferiscono la monotonia del mare?
Secondo Thomas Buddenbrook, protagonista del romanzo, a
preferire il mare sono quelli <<che hanno scrutato troppo a
lungo, troppo profondamente nel groviglio delle cose interiori per non chiedere almeno a quelle esteriori una cosa soprattutto: la semplicità. >> Lungimirante l’affermazione di Buddenbrook che continua: <<Non è il fatto che in montagna ci
si debba arrampicare coraggiosamente, mentre al mare si sta
placidamente sdraiati sulla sabbia. Ma io conosco il diverso
sguardo degli appassionati dell’una e dell’altro. Occhi sicuri,
audaci, giocondi, pieni di iniziativa, di coraggio e di risolutezza errano di vetta in vetta; ma sulla vastità del mare che con
mistico e snervante fatalismo rovescia sulla spiaggia le onde,
si posa uno sguardo sognante, velato, disincantato e pieno di
saggezza, che è già penetrato profondamente in qualche intrico
doloroso. Salute e malattia: ecco la differenza. Ci si inerpica
arditi nella meravigliosa molteplicità delle vette dentate, frastagliate, dirupate per mettere alla prova un’energia vitale non
ancora spesa. Ma si cerca riposo nella vasta semplicità delle cose esteriori, stanchi come si è della confusione di quelle
intime>>. Mare o montagna che sia, picco sporgente o abisso
profondo, probabilmente rimane solo un “gusto” da praticare.
Intanto noi siamo qui a contemplare l’uno e, all’ occorrenza,
desiderarve l’ altro.
Mare di Mar

minuti.

Un ’altra opera colpisce la mia attenzione. Si chiama Peak,
2015, firmata dall’artista italiano Nicolo’ De Giorgis. Peak è
un reportage costituito da novanta fotografie16 x 24, black
and white offset, che ritraggono le cime delle Dolomiti. Un
tappeto verticale si erge sulla parete della terza grande sala
che ospita anche opere di altri atisti. Le montagne ritratte più in alto sono molto scure, scendendo verso il basso

SI DESIDERA IL MARE

“MA SI CERCA RIPOSO NELLA VASTA SEMPLICITÀ DELLE COSE ESTERIORI,
STANCHI COME SI È DELLA CONFUSIONE DI QUELLE INTIME”


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