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Giacomo Leopardi:
la vita e la poetica
Appunti semplificati per uno studio veloce o per il ripasso
28 Aprile 2019
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Ultima modifica apportata domenica 28 aprile 2019, ore 13:06
Giacomo Leopardi
Nascita: 29 giugno 1798 a Recanati
Genitori: Monaldo Leopardi, Adelaide Antici
Fratelli: Carlo, Paolina1
L’infanzia di Giacomo Leopardi
è piuttosto felice e spensierata, ma in seguito ad un dissesto
finanziario causato dal padre, si ritrova in una condizione difficile, che
lo porta ad uno stato di tristezza.
Passerà, nel suo periodo adolescenziale, “sette anni di studio matto e
disperatissimo” che gli daranno un’eccellente formazione culturale,
con, però, gravissimi effetti sulla sua salute fisica e psichica.
Una conversione letteraria “dall’erudizione al bello”
avviene in Leopardi intorno ai suoi 18 anni.
Il poeta stesso definisce “conversione letteraria” quella fase che lo
porta da uno studio passivo volto solamente ad “ accumulare”
informazioni, ad una lettura più approfondita ed appassionata che lo
porta invece a vedere ed apprezzare la bellezza delle composizioni.
In questo periodo conosce il classicista Pietro Giordano e si avvicina a
questa corrente.
Su dieci figli, sette morirono dopo pochi anni o mesi. Solo Giacomo, Carlo e Paolina
sopravvissero.
1
Il “carcere”
è così che Leopardi definisce la sua Recanati in un secondo momento:
una città che non gli dà possibilità di confronto e di arricchimento della
sua cultura.
Arriva, ad un certo punto, a letteralmente odiare Recanati e progetta
anche una fuga; viene però scoperto dal padre che non gli permetterà
di metterla in atto.
Le sue sofferenze lo porteranno ad avere una visione più filosofica
della vita; dopo ben sette anni di studio, Giacomo ha gravi problemi alla
vista ed è costretto a passare un intero anno (1819) senza leggere; in
questo periodo trasforma il suo approccio letterario, volto alla scrittura
e lettura di testi, ad un approccio filosofico, volto invece al pensiero.
In questo periodo scrive i primi idilli (L’infinito, La sera, ecc..) mentre
inizia a prendere forma lo Zibaldone; scrive inoltre alcune canzoni
filosofiche (Bruto Minore, Ultimo Canto di Saffo, Alla sua donna,
ecc…); sempre in quegli anni, si avvicina al pensiero materialista.
Leopardi si trasferisce a Roma
nel 1822, sperando di trovare condizioni di vita migliori.
Rimane però molto deluso e scopre che la sua tristezza non era legata
alla sua Recanati, ma che tutti gli uomini, di ogni luogo e ogni tempo,
sono soggetti alla tristezza e ad un senso di malessere. Profondamente
deluso da questa esperienza, torna a casa, dove inizia a scrivere le
Operette Morali.
Successivamente si sposta tra Milano, Firenze e Pisa
dove trova un clima ottimale per la sua salute.
Inizia quindi a scrivere i canti pisano-recanatesi, che continuerà anche
dopo essere tornato a Recanati, per necessità economiche e in seguito
alla morte del fratello, dove passerà “sedici mesi di notte orribile”.
Leopardi si trasferisce quindi a Firenze
nel 1830, accettando di scrivere per riviste letterarie. Lascia quindi
Recanati, in cui non tornerà mai più, e scopre a Firenze una nuova vita,
ricca di confronti, di conoscenze e di spunti per la sua cultura.
Si innamora di Fanny Tozzetti, una nobildonna, moglie di un medico;
tuttavia, il suo amore non è corrisposto, e questo porta Leopardi ad
un’ulteriore tristezza, che farà da spunto ad alcune opere come Il
pensiero dominante, Amore e morte, A se stesso e
Consalvo, racchiuse in
quello che viene definito “ciclo di Aspasia”.
Nel 1833 si trasferisce a Napoli
insieme all’amico Antonio Ranieri; si accende fin da subito in lui uno
spirito di polemica verso l’ambiente Napoletano, caratterizzato da un
pensiero cattolico-liberale e pieno di tendenze spiritualistiche.
Nel 1836, per sfuggire ad un’epidemia di colera, si trasferisce a Torre
del Greco, dove scrive il suo testamento poetico, La Ginestra.
Leopardi, una volta rientrato a Napoli, muore il 14 giugno 1827, all’età
di 39 anni; come per sua volontà, l’amico Antonio Ranieri si occuperà
dell’edizione delle sue opere incompiute.
Le fasi del pensiero di Leopardi
La visione pessimistica dell’autore si articola in tre fasi:
1. Il pessimismo individuale:
secondo Leopardi, la sua vita ha voluto in qualche modo “punirlo”
con una tristezza perenne; ciò non toglie che altri possano vivere
una vita felice.
Le maggiori cause del pessimismo individuale sono l’ambiente
familiare opprimente e le sue condizioni di salute.
2. Il pessimismo storico:
in questa fase, lo scrittore crede che la tristezza derivi
dall’evoluzione e dal progresso. Secondo Leopardi, infatti, l’uomo
era veramente felice solo nell’età primitiva perché privo di
preoccupazioni; la felicità che l’uomo può provare, invece, al suo
tempo2, è puramente illusoria ed è destinata a finire.
3. Il pessimismo cosmico:
in quest’ultima fase, rispetto al pessimismo storico, in cui
Leopardi pensa che la tristezza e l’infelicità siano nate
dall’evoluzione dell’uomo, crede invece che la tristezza sia data
dalla natura, che nello stesso momento in cui crea gli uomini, li
destina ad una vita triste.
2
Al tempo di Leopardi, cioè nel corso dell’ottocento.
Verso la fine della sua carriera letteraria, Leopardi adotta un
linguaggio aspro, secco, che rispecchia la sua totale negatività nei
confronti della vita e del mondo, che l’hanno profondamente deluso.
Questo è tutto
BUON LAVORO!
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